Capitolo XIII.

La proclamazione della Repubblica Romana, ma ancor più la presenza delle truppe francesi al confine del Regno, preoccupano non poco la corte Napoletana. In un primo momento si cerca addirittura di approfittarne. Si tenta di barattare, segretamente, il consenso del Direttorio Francese ad un’ occupazione napoletana dell’ Enclaves Vaticane di Benevento  e Pontecorvo. In cambio, per favorire la richiesta napoletana, una segreta tangente per il ministro degli Esteri francese Talleyrand ed i suoi amici.  Ma il Direttorio chiede anche un formale riconoscimento della Repubblica Romana. A questo il governo di Napoli, che  tiene molto a dimostrare la sua politica antifrancese e che teme di scoprire troppo la sua politica di doppiogiochista,  non ci sta. Come giustificare poi i tanti sacrifici richiesti al popolo , gli appelli alle masse e le crociate per la Religione ?

Un rapporto segreto di agenti della corte Napoletana riferiscono di trame segrete da parte francese per penetrare nel territorio napoletano. Non si comprende chi soffi sul fuoco: i francesi per accelerare gli accordi o piuttosto gli inglesi per lanciare i napoletani in una guerra che porti poi anche l’Austria a scendere in campo in una nuova guerra contro la Francia.   Ferdinando, nonostante la  pace di Parigi che  dovrebbe tranquillizzarlo,  si barcamena e cerca di allearsi con Vienna. Spedisce istruzioni ai suoi rappresentanti per un trattato di alleanza con l’Austria. Da Milano alcuni repubblicani cisalpini invitano Ferdinando “a deporre l’ormai inutile diadema nelle mani del popolo”.

 

 Talleyrand

 

Nel contempo, Napoleone, che vorrebbe sfruttare al meglio la grande popolarità raggiunta con le vittorie nella Campagna d’Italia, si prepara a grandi imprese. Organizza e si predispone per uno sbarco in Inghilterra nel tentativo di portare la guerra in casa del nemico. Ma il Direttorio, forse proprio perché teme che Napoleone possa raccogliere nuova gloria e divenire troppo potente, lo incarica di una missione dal successo quasi impossibile e che comunque lo terrà lontano da Parigi e l’Europa per un bel po’ di tempo.

 

   

Lejeune da Aaron Martinet: Partenza dell’armèe d’Orient per l’Egitto.

 

All’alba del 19 maggio del 1798 la flotta francese salpa  da Tolone procedendo in direzione della Corsica. La destinazione finale è stata mantenuta nascosta affinché nulla sappiano gli  inglesi. Centottanta navi, con oltre mille cannoni, affiancano la nave ammiraglia, l’ Orient,  con a bordo il generale in capo. A queste navi si aggiungono, nei primi giorni di navigazione, altri tre convogli partiti da Ajaccio, Genova e Civitavecchia, per un totale di quattrocento unità.

 

Garat Joseph

 

Nello stesso giorno del 19 maggio, il regno di Napoli stipula un trattato con l’Austria, mentre cresce sempre più, alimentati dai profughi e dagli esuli romani, l’odio ed il fanatismo contro i francesi ed i loro simpatizzanti.

La Polizia prepara lunghe liste di  presunti “Giacobini”,  rei di frequentare case e salotti in odor di sospetto.

Un giovane dilettante di violino, d’ordine sovrano fu arbitrariamente condannato ai ferri nella piazza di Messina, perché aveva sonato de’ concerti con un’artista francese, il cittadino Kreitzer, spedito in Napoli dal Direttorio per incettarvi delle carte di musica. (Amedeo Ricciardi:  Napoli 1799).

La persecuzione si estende anche alla nuova moda.  Vestire secondo la moda di  Parigi e tagliarsi i capelli alla stessa maniera dell’ambasciatore francese è considerato reato. Leggere la Costituzione Francese, addirittura delitto capitale.

 In quello stesso mese di maggio, la Francia manda a Napoli, quale nuovo ambasciatore, il cittadino Joseph Garat che protesta vivacemente per la situazione dei prigionieri politici trattenuti da anni in galera senza processo.

Ferdinando chiede l’esecuzione immediata dei processi dei detenuti politici (rei di stato); grazie alla presenza di alcuni giudici imparziali,   vengono assolti e poi rilasciati alcuni prigionieri tra cui Mario Pagano, Gennaro Serra e Ignazio Ciaia nonostante la forte opposizione del loro collega Vanni che è convinto che Napoli è piena di giacobini che vogliono la morte del Re.

E Ferdinado, che ha un concetto tutto personale della giustizia e dello stato, non gradisce quelle sentenze e firma un ordine per l'arresto dei magistrati troppo garantisti. La regina ed Acton, più opportunamente, preferiscono evitare reazioni della Francia, anche in vista delle sotterrane trame che stanno tessendo con gli Inglesi nel mediterraneo a dispetto del trattato di pace di Parigi. Si preferisce allontanare il Vanni.

 

Intanto Napoleone avanza con la sua flotta verso sud.

Il mistero sulla sua reale destinazione preoccupa la Corte Napoletana. Talleyrand lascia credere che il generale corso voglia sbarcare in Sicilia  e millanta verso i reali napoletani un suo non disinteressato intervento per spostare la spedizione verso altri  lidi.

La flotta inglese, di stanza nel Mediterraneo,  cerca di capirne la reale destinazione. Il contrammiraglio Horatio Nelson che la guida, sa che senza l’aiuto dei porti del  Regno di Napoli non può affrontare il nemico, anzi teme lo sbarco francese proprio nei territori napoletani. In una lettera del 12 giugno, dal largo dell’ isola d’Elba e  indirizzata all’ ambasciatore inglese a Napoli  Sir William Hamilton, così scrive:

 

Leonardo Guazzardi: Horatio Nelson

……

Sono i Porti del Regno di Napoli e della Sicilia aperte alla flotta di Sua Maestà? Hanno i Governatori ordini per una nostra libera entrata? e per fornirci di tutto quanto noi vogliamo?

Se è così, vorrei fortemente altri  veloci vascelli ed alcune fregate, dato che, per fatalità, le mie mi hanno lasciato. Desidero informazioni sulla flotta francese; in quanto spero che abbia oltrepassato Napoli. Desidero dei buoni Piloti - diciamo sei o otto, per il litorale della Sicilia, l' Adriatico, o per qualunque posto in cui la flotta nemica possa essere al momento; poiché io penso di seguirli se vanno al Mar Nero. Poiché 12.000 uomini non partirono il 2 giugno da Genova, né, effettivamente, loro non si imbarcarono tutti, io confido che, se i francesi sono sbarcati in territorio napoletano, il Regno non sarà perduto in pochi giorni……

 

Dal Vanguard, al largo dell’Elba,  12 giugno  1798

 

 

…[Nelson] inviava a Napoli un suo ufficiale,  il capitano Troubridge, per chiedere ciò che sembrava impossibile da ottenere a causa dell’ impegno di neutralità sottoscritto dal governo napoletano con i francesi: il permesso che le sue navi, a corto di viveri,  gettassero  l’ancora in un porto siciliano, Siracusa. […] Ma Lady Hamilton, non ebbe problemi con la regina, la quale poi con l’aiuto di Acton, riuscì a superare le titubanze del Re. (Sandro Castronuovo: Una Lady Napoletana)

 

 

Louisse Vigeè le Brun : Emma Hamilton

 

 

 

Napoleone, che vuole fare del Mediterraneo “un lago Francese”, naviga verso Malta per conquistarla. Vi giunge il 9 giugno e l’isola, che sebbene si tratti di una roccaforte militare, si arrende in  un solo giorno. Probabilmente perché nel governo dell’ isola, l’ Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, su trecentotrenta  cavalieri duecento sono  di origine francese. Il 12 Napoleone sbarca e dichiara l’isola possedimento francese; in pochi giorni emana molti  provvedimenti come l’abolizione della schiavitù e la  riorganizzazione amministrativa e scolastica.  Il 18 l’armata francese lascia Malta diretta  in Egitto con una gran quantità di beni e  preziosi requisiti e trecento uomini arruolati  per la spedizione.

 

Anonimo: La presa di Malta.

Ma l’Ammiraglio Nelson si precipita nell’ inseguimento della flotta francese. L’ansia di raggiungere Napoleone gli fa superare, in una notte nebbiosa, l’avversario e giungere in anticipo ad Alessandria. Non immagina quel che è accaduto, teme che il nemico sia approdato sulle coste siciliane e riparte immediatamente nella speranza di intercettare il convoglio francese. Poche ore dopo la prima nave francese in avanscoperta getta l’ancora nel porto di Alessandria.

E’ il primo Luglio. Napoleone informato della vicina presenza della flotta inglese decide si sbarcare immediatamente le truppe e  sceglie una baia non lontana, nei  pressi di Abukir. Lo sbarco non è ancora del tutto completato quando le prime divisioni si mettono in marcia verso Alessandria che viene subito espugnata. Il grosso dell’ armata si getta nelle sabbie di Damanhur, combatte a Chobrakit, affronta i mamelucchi nella grande battaglia delle Piramidi e il 24 luglio entra al Cairo.

 

François-Louis Watteau : La battaglia delle Piramidi.

 

“Fallito il suo inseguimento della flotta francese ad Alessandria, Nelson ritornò a Siracusa il 20 Luglio completamente demoralizzato. Un mese prima Acton, « un vero uomo d’affari » come l’Ammiraglio lo aveva descritto, gli aveva consegnato un ordine ufficioso, che in nome del Re autorizzava tutti i governatori dei porti delle Due Sicilie ad ogni necessaria assistenza, ed a rifornirlo « segretamente » perché Gallo non voleva correre il rischio di mettere in pericolo la pace col Direttorio”. (Harold Acton : I Borboni di Napoli).

 

Nicholas Pocock: Battaglia del Nilo

 

Nelson ripara nel porto di Siracusa, rifornisce le navi. Questa volta è ben informato, grazie all’ intercettazione di corrieri e messaggi, e riparte alla volta di Alessandria con tutta la flotta. Sono passati solo quattro giorni dallo sbarco francese, quando il marinaio di vedetta della Zealous, nave inglese da 74 cannoni,  vede le navi francesi ancora in posizione strategicamente felice. Quattordici navi perfettamente in linea: dieci da 74, tre cannoniere da 80 e al centro, l’enorme Orient con 120 cannoni e oltre 1000 uomini. Sono le cinque e mezza del pomeriggio quando dalla flotta inglese inizia il cannoneggiamento. Alle dieci con un grande boato salta in aria l’Orient, l’ammiraglia francese. La nave scompare lentamente nel mare portando nella stiva mezzo milione di sterline in lingotti d’oro e d’argento oltre a statue ed altri tesori, gran parte del bottino preso da Napoleone a Malta. 

 

George Arnauld: Distruzione dell’ Orient

Il combattimento termina con la vittoria degli inglesi che affondono e distruggono praticamente la flotta francese. Nello scontro trovano la morte 218 inglesi e ben 5225 francesi, in gran parte annegati. Dieci navi francesi vengono affondate o catturate e solo due fregate e due vascelli riescono a fare vela e a sfuggire al massacro. Tra le vittime l’ammiraglio francese Brueys. Anche Nelson viene gravemente ferito, un albero gli crolla addosso e lo acceca, e si teme per la sua vita. Si salva, ma rimarrà sfigurato per la vita.

Il vascello francese Le Tonnant alla battaglia di Abukir.

 

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